Centri per l'Impiego: sistema obsoleto


Spesso, soprattutto da piccoli, è capitato che ci sia stata rivolta una semplice domanda: "cosa vuoi fare da grande?" Una domanda fine a se stessa, forse per accrescere la nostra curiosità o le nostre ambizioni. Anche le risposte sono molto semplicistiche, frutto della nostra immaginazione e che poco hanno a che fare con le nostre inclinazioni e capacità personali; saranno pochissimi quelli che diverranno ottimi calciatori o astronauti.

Col tempo, quella stessa domanda ci sarà riproposta e, man mano che passano gli anni, avremo maggior senso della realtà fornendo, questa vola, una risposta che comincia ad assomigliare ad un vero progetto di vita tale che, quella stessa risposta, comincerà ad influenzare le nostre scelte : per quelli che il lavoro è una necessità, o per chi non ha voglia di passare troppi anni con il naso tra le pagine di un libro, gli istituti professionali e tecnici saranno la giusta scelta per poter cominciare a lavorare ancor prima di aver compiuto  i  20 anni; per gli altri, con progetti a lunga scadenza, nonché prospettive professionali più alte, vorranno avviare una carriera universitaria al fine di poter acquisire quante più conoscenze  - teoriche - da spendere nella carriera professionale.

Che si tratti di giovani diplomati o di promettenti laureati, entrambe le categorie, finiti gli studi, si troveranno soli nella società, quasi senza alcuna conoscenza di come fare a realizzare quell'aspirazione personale che sin da piccoli è stata oggetto della curiosità di tanti.

Per aiutare tutti i giovani in cerca di un lavoro, come per chi in età adulta si ritrova nella stessa situazione,  nascono i Centri per l'Impiego (CPI).
Si tratta di strutture pubbliche che hanno il compito di coordinare, e far incontrare, domanda e offerte di lavoro (oltre ad altre funzioni amministrative).
Si direbbe una struttura pubblica di tutto rispetto che fornisce un utilissimo servizio per i cittadini nonché assicura l'esercizio di un fondamentale diritto costituzionalmente garantito, quello al lavoro.
Non è cosi! Seppur nelle intenzioni questi importanti strutture cercano di svolgere un importante servizio, nella realtà si attesta che solo il 3% di disoccupati, tramite i CPI, riescono fattivamente a trovare un lavoro. Le motivazioni di queste carenze sono le più disparate e tutte ben fondate. Si parte dai sistemi informatici che sono datati e per questo lenti. Lente sono anche le procedure burocratiche ovvero i patti di servizio che ogni utente deve sottoscrivere e che richiedono almeno 1 ora che, calcolata per i centinaia di utenti che ogni mese si presentano agli sportelli, la mole di lavoro e le tempistiche si allungano esponenzialmente. A questo aggiungiamoci la scarsità di personale.
Ma non solo questioni tecniche oggettivamente riscontrabili. A rendere inefficienti e inefficaci i CPI sono anche la mancanza di investimenti sia pubblici, ovvero quelli che fattivamente possono creare domanda di lavoro da far gestire ai suddetti, come la mancanza di investimenti privati dove le aziende preferiscono rivolgersi alle agenzie interinali che riescono a trovare personale più qualificato e idoneo alle offerte di lavoro.

Per risollevare i CPI dalle loro criticità l'attuale coalizione di governo, M5S/Lega, sta perseguendo un importante investimento. 
Al di là delle critiche o dei dubbi su quanto questo strumento possa effettivamente funzionare, ritornando al collegamento Scuola/lavoro, ci si domanda perché inserire, tra i due, un ulteriore intermediario che grava sulle casse dello Stato e che, ad oggi, ha dimostrato di essere fallace.
Precisiamo: non si vuol in questa analisi propagandare l'abolizione dei CPI, si è visto che sono utili a chi, in età adulta, si ritrova a cercar lavoro. Per questo si suggerisce di scindere chi cerca lavoro per la prima volta - dopo gli studi - da chi nel mercato del lavoro già ci è entrato da tempo e cerca una nuova collocazione. Dopotutto anche nei CPI ci sono impiegati che hanno diritto a continuare a svolgere la propria mansione e che, sgravati da chi cerca il lavoro per la prima volta, possono essere più efficienti nel ricollocare chi è rimasto senza occupazione.
Dunque, resterebbero da collocare i giovani, diplomati o laureati, che vogliono esercitare il loro diritto al lavoro. Se la Scuola serve a formare gli studenti e, ai livelli più alti, a fornire il giusto bagaglio tecnico per entrare nel mondo del lavoro, perché le aziende, che sono alla continua ricerca di profili specializzati, non si mettono in diretto contatto con queste, bypassando ogni altro interlocutore?
Istituti superiori e università, in una condizione di scarsità di fondi come quella odierna, potrebbero usufruire di finanziamenti privati aziendali, i quali (aziende private) si comporteranno come veri e propri clienti come oggi lo sono per i Centri interinali. Nolo solo: gli istituti scolastici, a loro volta, inizieranno ad alzare il livello delle loro istruzione per fornire profili sempre più qualificati e per fare concorrenza agli altri istituti che, come loro, vorranno emergere. Insomma, si creerebbe un circolo virtuoso che crea giovamenti sia in termini economici che di istruzione.

Un bel progetto che, come quello dell'attuale Governo sul potenziamento dei CPI, abbisogna di investimenti pubblici atti alla creazione di posti di lavoro poiché, alla fine, l'offerta di lavoro non dipende da un sistema digitale all'avanguardia o da un alto livello d'istruzione, ma dalla fattiva esistenza di un'attività da dover svolgere.

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